martedì 30 marzo 2010

Davvero?

Cioè, davvero ci speravate anche stavolta?

No, dico,



Davvero ci speravate anche stavolta?



Davvero ci speravate anche stavolta?



Davvero ci speravate anche stavolta?



Davvero ci speravate anche stavolta?



Davvero ci speravate anche stavolta?



Davvero ci speravate anche stavolta?



Davvero ci speravate anche stavolta?



Davvero ci speravate anche stavolta?



Davvero ci speravate anche stavolta?



Cioè, ripetiamo, perché forse non ci siamo capiti: davvero ci speravate anche stavolta? davvero pensavate di ottenere dei buoni risultati?

Andiamo, dai. Oramai siete adulti.

Fonte: Don Zauker

domenica 28 marzo 2010

Il Baciamano Di Silvio

Posso capire che lui sia il messia del partito dell'amore, ma diamine non oso immaginare in privato cosa possano combinare questi due bricconcelli.

giovedì 25 marzo 2010

Charlie Chaplin E Il Discorso All'Umanità



Incredibile come queste parole rieccheggiano così attuali nella nostra realtà odierna. Ma fanno riflettere e sopratutto ci fanno capire che nella lotta, una lotta pacifica ma che deve essere anche inesorabile, ci renderà liberi.
Abbiamo un arma, il voto, grazie a lui possiamo esprimere la nostra volontà di rimandarli a casa, ci opprimono con censura e vuote promesse, loro sono i sepolcri del futuro dei nostri figli.
Rimandiamoli a casa.

mercoledì 24 marzo 2010

Ugo Favatano È Vivo E Sta Bene


DUE SMS DI UGO: HA CONTATTATO LA FAMIGLIA E LECCEPRIMA
Alle 12,33 di oggi un messaggio. Con una battuta scherzosa. Ugo Favatano ha scritto un messaggio al giornale. Poco prima aveva contattato la famiglia. Sta al Nord Italia. E presto tornerà a casa.

LECCE – “Emilio se non la smetti de scrive minghiate, torno la e sai come va’ a finire. Cazruola,cemendo e un bel pelastro”. Quando ho ricevuto questo sms (che riporto testualmente, compresi errori di battitura: sembra scritto con molta fretta), alle ore 12 e 33 minuti e 29 secondi di oggi, mercoledì 24, sono rimasto impietrito. Ho ricontrollato il numero più volte. E’ quello di Ugo, non ci sono dubbi. Ho trascritto quelle cifre sulla rubrica di un cellulare personale. Me lo sono fatto dare apposta, da Marco Goffredo, uno dei suoi soci, mio carissimo amico, la sera di domenica 21. Uno scrupolo in più. Probabilmente Ugo non ha il mio. Così, ha spedito un sms su un altro telefonino. Quello aziendale, di LeccePrima.it. Uno dei due numeri di telefonia mobile che abbiamo reso pubblici, e che appaiono nel rettangolo rosso, alla destra del sito.

Ci conosciamo, non benissimo, ma quel tanto che basta per scambiarci qualche confidenza. Amici di pub. Lui, il gestore simpatico, io, il cliente amico di amici, che viene sempre dopo la partita di calcetto. E quel messaggio non è casuale. E’ solo apparentemente ricco di strafalcioni e dal tono intimidatorio. E’, piuttosto, una battuta che facciamo spesso. Ogni volta che ci vediamo, al “Tennent’s Grill”. Il giochetto è infantile, uno sketch per ridere di gusto. Facciamo finta di essere due mafiosi. Io imito l’accento siciliano, e ogni volta, invariabilmente, la storiella del boss Tony o Franky di turno, il personaggio che c’inventiamo, tra una sorsata di birra ed una sigaretta sulla soglia del pub, finisce a cazzuola e cemento, per il poveraccio che ha sgarrato. Come in certe pellicole made in Usa sulla criminalità organizzata italo-americana.

Lo sgomento, poi ho riso. Istintivamente. E’ lui, non ci sono dubbi. Almeno, così sembrerebbe. Per farsi riconoscere, infatti, ha tirato fuori un siparietto che solo io e lui possiamo comprendere, di primo acchito. A scanso d’equivoci. Perché non si potesse pensare che altri avessero in mano il suo telefonino. Come dire: “Emilio, sono io, fidati”. Una sorta di codice. Nello stesso tempo - ma questo l’avremmo saputo solo in seguito -, Ugo Favatano ha fatto la cosa più importante di tutte: ha contattato il cognato, Angelo Faranda Cordella, con cui ha uno stretto legame.

Io mi sono recato subito dai carabinieri. Per far leggere agli inquirenti il messaggio, per confrontarci, per sentire i loro pareri. E per lasciare la mia deposizione. E’ la compagnia di Lecce, che fino ad oggi ha coordinato le indagini. Ma in mezzo ci sono altri reparti e altre forze di polizia. La mobilitazione è stata pressoché generale. Ed ha visto al centro amici, conoscenti, persino sconosciuti che al caso si sono appassionati, collegandosi al gruppo fondato ad hoc su Facebook, o seguendo “Chi l’ha visto”.

L’sms sembrerebbe gioviale, in quella finta minaccia, nel nostro giochino fra amici di bevuta. Ma Ugo Favatano non ha fornito, nell’immediato, indicazioni su dove si potesse trovare, su cosa stesse facendo, se fosse in compagnia. E non ha risposto ad un mio sms, in cui gli ho chiesto se stesse bene, se volesse incontrarmi. E’ un suo diritto. Ovvio. Ho provato a chiamarlo, ma, come facilmente intuibile, il cellulare era spento. Per la sua famiglia, per i suoi amici, solo una cosa: l’importante è sapere che stia bene. Nel tardo pomeriggio, poi, la comunicazione ufficiale: Ugo s’è fatto sentire. Tornerà molto probabilmente presto a casa. Ed è per questo che mi accingo a pubblicare solo adesso queste righe. Solo dopo aver avuto il consenso dei suoi parenti più stretti.
Proprio oggi, tra l’altro, il fascicolo sul caso è confluito alla Procura di Lecce. L’ha in mano il pubblico ministero Guglielmo Cataldi.

Un altro aspetto appare evidente: nel posto in cui si trova, si è connesso al web. Forse proprio dal computer portatile che ha con sé, quando è uscito senza dare più notizia, usando la sua Alfa 147 di colore grigio metallizzato, sabato 20. O magari da un’altra postazione. Le risposte sono infinite, forse le darà lui, forse non le darà mai. E’ sempre e solo un suo diritto. Unica certezza, che i carabinieri già avevano, e di cui ho avuto conferma personale questa mattina: si trovava in Italia. Davanti alla prima cifra della sequenza che compone il suo numero, il +39 che attesta la presenza sul territorio nazionale. L’ulteriore riprova, in questi minuti. Si trova a Venezia ed è andato presso una stazione dei carabinieri a chiarire la sua posizione, esibendo la patente. Non dando, però, motivazioni.

Credo, e penso di non sbagliarmi, che Ugo possa aver deciso di farsi sentire, dopo aver letto un accorato appello di una delle sorelle, Selena. Si trova in un altro articolo di LeccePrima sul caso. Arriva dalla mail del marito, Angelo Faranda Cordella. Emozionante. “Fratellino mio, in cuor mio spero che il tuo sia un allontanamento volontario, anche se non c’è nulla che me lo faccia supporre, ma se è così ti prego di ritornare sui tuoi passi o quantomeno di contattarmi e dirmi che stai bene. Questa attesa ci sta distruggendo. Ricordati che insieme possiamo affrontare tutto, qualsiasi cosa. Pensa alle tue nipotine che ancora non sanno nulla. Ti voglio un mondo di bene”.

Ugo, leggendolo, avrà realizzato che era giunta l’ora di farsi sentire. Ed ecco perché i messaggi indirizzati al cognato ed al giornalista che sta illustrando, come le altre testate, gli avanzamenti nelle ricerche. Ha messo così al corrente nello stesso tempo la cerchia più ristretta di famigliari e soci del locale, ed il mondo esterno. Solo una cosa, Ugo, se leggerai mai questo mio articolo. Scusami se ho scritto “minghiate”. L’ho fatto solo per stima e amicizia, perché la tua famiglia era in ansia. Ora, torna a casa e abbraccia i tuoi cari.

lunedì 22 marzo 2010

[AIUTO] Scomparso UGO FAVATANO



E' scomparso Ugo Favatano, 29 anni, leccese.
la foto è recente.
Ha un'alfa 146 grigia.
E' titolare del pub Tennent's Grill, a Lecce, su via Taranto.
Se lo avete visto recentemente o se lo vedete, per favore, telefonate: 3205756309.

UPTADE:
Integro un articolo da lecceprima: http://www.lecceprima.it/articolo.asp?articolo=19501

domenica 21 marzo 2010

Il Milione


Fate conto che la foto è composta da 112.400 pixel. Bene: attribuendo artificialmente (e per eccesso) ad ogni pixel una testa, servirebbero almeno altre nove foto come questa, allineate, per fare un milione.



Un milione di persone disposte su un’area di 7.500 metri quadrati significa (escludendo buchi) una densità di 133 persone per metro quadro.



Fonte: Macchianera

sabato 20 marzo 2010

Tutti In Piazza Per La Videocrazia

100 euro per andare alla manifestazione di Roma con la maglietta con la scritta “Meno male che Silvio c’è”.
Sarebbe questo il compenso offerto a diversi disoccupati, secondo quanto riferisce Gianfranco Mascia, uno dei leader del "Popolo Viola", reclutati anche tramite l'ausilio di agenzie interinali specializzate. La cosa non mi sorprende affatto, anche se "insolitamente" legale per i suoi standard, tutto rientra nel modus operandi.


Fonte: Metilparaben

giovedì 18 marzo 2010

La Lentezza

Fare le cose piano è di solito sinonimo di fare le cose per bene. In questo caso credo sia un termine alquanto discutibile.
Dedico questo video a Roby Dick, un uomo, tante recensioni.


Grazie al mio amico Luca per la segnalazione.

venerdì 12 marzo 2010

Striscie Di Solitudine

La strada si apre davanti a me, in me. Uno spazio grigio, quasi immobile, ed io l'attraverso correndo, ogni giorno.

ANGELI IMPERFETTI


photo by dontshiver

viaggiando sulla strada di smeraldo
ho visto leoni giocare nel cielo
e vecchi pupazzi di carne abbattersi sul cemento
il respiro del vuoto
mi fa da compagno di viaggio
i suoi denti battono
come puttane stanche
e stanco lo sono anch'io di vagare
mi abbandono alla fantasia
ella ha echi di follia
si smembra sinuosa nel vento
quasi a rappresentare
di quanto le mie spalle siano cariche di tristezza
come smorto uccellino in gabbia
osservo ciò che mi è intorno in questa pazza città
e chino il capo
eppure padre mio non dovrei anch'io volare?
strano scherzo mi fai
ali sottili in un corpo pesante
e un piccolo cuore spezzato
ma non posso fuggire
non mi è permesso
posso solo sperare che tutto finisca presto
ma non divaghiamo
è tempo che io vada
e che di me tutto sia dimenticato

dark0

venerdì 5 marzo 2010

La Serva Del Focolare




Monsignor Oddo Fusi Pecci, vescovo Emerito di Senigallia:
Il ruolo biologico della donna è quello di madre, sposa ed educatrice. Il lavoro è secondario, viene dopo. Penso che nella crisi di valori attuale e nell'emergenza educativa che viviamo, molto abbia a vedere il fatto che la donna esce molto di casa, reclami una sfrenata indipendenza dal marito e vada a lavorare. (...) Da questo punto di vista il femminismo esasperato ha creato danni e lo si vede nella scarsa educazione anche cristiana dei figli. La donna è biologicamente deputata al ruolo di madre che è quello primario ed una buona madre educa i figli. Ora mi domando come possa svolgere quelli che sono i suoi doveri fondamentali andando a lavorare. (...) Una volta quando la donna badava a quello che è la sua missione, faceva recitare le preghiere, accompagnava i bambini alla scuola e al catechismo tante storture non accadevano, bisogna riconoscerlo.

Ricapitoliamo: sposarsi, fare figli, non uscire di casa,non lavorare, obbedire al marito, insegnare le preghiere ai figli, accompagnarli al catechismo.

Ma non erano gli islamici e il burqa, quelli che mortificavano la dignità femminile?

Fonte: Metilparaben

lunedì 1 marzo 2010

Ciò In Cui Credo


Graphic by Giuseppe De Luca

Credo nel potere che ha l'immaginazione di plasmare il mondo, di liberare la verità dentro di noi, di cacciare la notte, di trascendere la morte, di incantare le autostrade, di propiziarci gli uccelli, di assicurarsi la fiducia dei folli.

Credo nelle mie ossessioni, nella bellezza degli scontri d'auto, nella pace delle foreste sommerse, negli orgasmi delle spiagge deserte, nell'eleganza dei cimiteri di automobili, nel mistero dei parcheggi multipiano, nella poesia degli hotel abbandonati.

Credo nelle rampe in disuso di Wake Island, che puntano verso il Pacifico della nostra immaginazione.

Credo nel fascino misterioso di Margaret Thatcher, nella curva del le sue narici e nella lucentezza del suo labbro inferiore: nella malinconia dei coscritti argentini feriti; nei sorrisi tormentati del personale delle stazioni di rifornimento; nel mio sogno che Margaret Thatcher sia accarezzata da un giovane soldato argentino in un motel dimenticato, sorvegliato da un benzinaio tubercolotico.

Credo nella bellezza di tutte le donne, nella perfidia della loro immaginazione che mi sfiora il cuore; nell'unione dei loro corpi disillusi con le illusorie sbarre cromate dei banconi dei supermarket; nella loro calda tolleranza per le mie perversioni.

Credo nella morte del domani, nell’esaurirsi del tempo, nella nostra ricerca di un tempo nuovo, nei sorrisi di cameriere di autostrada e negli occhi stanchi dei controllori di volo in aeroporti fuori stagione.

Credo negli organi genitali degli uomini e delle donne importanti, nelle posture di Ronald Reagan, di Margaret Thatcher e della principessa Diana, negli odori dolciastri emessi dalle loro labbra mentre fissano le telecamere di tutto il mondo.

Credo nella pazzia, nella verità dell’inesplicabile, nel buon senso delle pietre, nella follia dei fiori, nel morbo conservato per la razza umana dagli astronauti di Apollo.

Credo nel nulla.

Credo in Max Ernst, Delvaux, Dalì, Tiziano, Goya, Leonardo, Vermeer, De Chirico, Magritte, Redon, DÅrer, Tanguy, Facteur Cheval, torri di Watts, Bîcklin, Francis Bacon, e in tutti gli artisti invisibili rinchiusi nei manicomi del pianeta.

Credo nell'impossibilità dell'esistenza, nell'umorismo delle montagne, nell'assurdità dell’elettromagnetismo, nella farsa della geometria, nella crudeltà dell'aritmetica, negli intenti omicidi della logica.

Credo nelle donne adolescenti, nel potere di corruzione della postura delle loro gambe, nella purezza dei loro corpi scompigliati, nelle tracce delle loro pudenda lasciate nei bagni di motel malandati.

Credo nei voli, nell'eleganza del l'ala e nella bellezza di ogni cosa che abbia mai volato, nella pietra lanciata da un bambino che porta via con se la saggezza di statisti e ostetriche.

Credo nella gentilezza del bisturi, nella geometria senza limiti dello schermo cinematografico, nell'universo nascosto nei supermarket, nella solitudine del sole, nella loquacità dei pianeti, nella nostra ripetitività, nell'inesistenza dell'universo e nella noia dell'atomo.

Credo nella luce emessa dai videoregistratori nelle vetrine dei grandi magazzini, nell'intuito messianico delle griglie del radiatore delle automobili esposte, nell'eleganza delle macchie d'olio sulle gondole dei 747 parcheggiati sulle piste catramate dell'aeroporto.

Credo nella non-esistenza del passato, nella morte del futuro, e nelle infinite possibilità del presente.

Credo nello sconvolgimento dei sensi: in Rimbaud, William Burroughs, Huysmans, Genet, Celine, Swift, Defoe, Carroll, Coleridge, Kafka.

Credo nei progettisti delle piramidi, dell'Empire State Building, del Fürerbunker di Berlino, delle rampe di lancio di Wake Island.

Credo negli odori corporali della principessa Diana.
Credo nei prossimi cinque minuti.

Credo nella storia dei miei piedi.

Credo nell'emicrania, nella noia dei pomeriggi, nella paura dei calendari,
nella perfidia degli orologi .

Credo nell'ansia, nella psicosi, nella disperazione.
Credo nelle perversioni, nelle infatuazioni per alberi, principesse, primi ministri, stazioni di rifornimento in disuso (più belle del Taj Mahal), nuvole e uccelli.
Credo nella morte delle emozioni e nel trionfo dell'immaginazione.

Credo in Tokyo, Benidorm, La Grande Motte, Wake Island, Eniwetok, Dealey Plaza.
Credo nell'alcoolismo, nelle malattie veneree, nella febbre e nell'esaurimento.

Credo nel dolore.

Credo nella disperazione.

Credo in tutti i bambini.

Credo nelle mappe, nei diagrammi, nei codici, negli scacchi, nei puzzle, negli orari aerei, nelle segnalazioni d'aeroporto.

Credo a tutti i pretesti.

Credo a tutte le ragioni.

Credo a tutte le allucinazioni.

Credo a tutta la rabbia.

Credo a tutte le mitologie, ricordi, bugie, fantasie, evasioni.

Credo nel mistero e nella malinconia di una mano, nella gentilezza degli alberi, nella saggezza della luce.

James G. Ballard