mercoledì 24 marzo 2010

Ugo Favatano È Vivo E Sta Bene


DUE SMS DI UGO: HA CONTATTATO LA FAMIGLIA E LECCEPRIMA
Alle 12,33 di oggi un messaggio. Con una battuta scherzosa. Ugo Favatano ha scritto un messaggio al giornale. Poco prima aveva contattato la famiglia. Sta al Nord Italia. E presto tornerà a casa.

LECCE – “Emilio se non la smetti de scrive minghiate, torno la e sai come va’ a finire. Cazruola,cemendo e un bel pelastro”. Quando ho ricevuto questo sms (che riporto testualmente, compresi errori di battitura: sembra scritto con molta fretta), alle ore 12 e 33 minuti e 29 secondi di oggi, mercoledì 24, sono rimasto impietrito. Ho ricontrollato il numero più volte. E’ quello di Ugo, non ci sono dubbi. Ho trascritto quelle cifre sulla rubrica di un cellulare personale. Me lo sono fatto dare apposta, da Marco Goffredo, uno dei suoi soci, mio carissimo amico, la sera di domenica 21. Uno scrupolo in più. Probabilmente Ugo non ha il mio. Così, ha spedito un sms su un altro telefonino. Quello aziendale, di LeccePrima.it. Uno dei due numeri di telefonia mobile che abbiamo reso pubblici, e che appaiono nel rettangolo rosso, alla destra del sito.

Ci conosciamo, non benissimo, ma quel tanto che basta per scambiarci qualche confidenza. Amici di pub. Lui, il gestore simpatico, io, il cliente amico di amici, che viene sempre dopo la partita di calcetto. E quel messaggio non è casuale. E’ solo apparentemente ricco di strafalcioni e dal tono intimidatorio. E’, piuttosto, una battuta che facciamo spesso. Ogni volta che ci vediamo, al “Tennent’s Grill”. Il giochetto è infantile, uno sketch per ridere di gusto. Facciamo finta di essere due mafiosi. Io imito l’accento siciliano, e ogni volta, invariabilmente, la storiella del boss Tony o Franky di turno, il personaggio che c’inventiamo, tra una sorsata di birra ed una sigaretta sulla soglia del pub, finisce a cazzuola e cemento, per il poveraccio che ha sgarrato. Come in certe pellicole made in Usa sulla criminalità organizzata italo-americana.

Lo sgomento, poi ho riso. Istintivamente. E’ lui, non ci sono dubbi. Almeno, così sembrerebbe. Per farsi riconoscere, infatti, ha tirato fuori un siparietto che solo io e lui possiamo comprendere, di primo acchito. A scanso d’equivoci. Perché non si potesse pensare che altri avessero in mano il suo telefonino. Come dire: “Emilio, sono io, fidati”. Una sorta di codice. Nello stesso tempo - ma questo l’avremmo saputo solo in seguito -, Ugo Favatano ha fatto la cosa più importante di tutte: ha contattato il cognato, Angelo Faranda Cordella, con cui ha uno stretto legame.

Io mi sono recato subito dai carabinieri. Per far leggere agli inquirenti il messaggio, per confrontarci, per sentire i loro pareri. E per lasciare la mia deposizione. E’ la compagnia di Lecce, che fino ad oggi ha coordinato le indagini. Ma in mezzo ci sono altri reparti e altre forze di polizia. La mobilitazione è stata pressoché generale. Ed ha visto al centro amici, conoscenti, persino sconosciuti che al caso si sono appassionati, collegandosi al gruppo fondato ad hoc su Facebook, o seguendo “Chi l’ha visto”.

L’sms sembrerebbe gioviale, in quella finta minaccia, nel nostro giochino fra amici di bevuta. Ma Ugo Favatano non ha fornito, nell’immediato, indicazioni su dove si potesse trovare, su cosa stesse facendo, se fosse in compagnia. E non ha risposto ad un mio sms, in cui gli ho chiesto se stesse bene, se volesse incontrarmi. E’ un suo diritto. Ovvio. Ho provato a chiamarlo, ma, come facilmente intuibile, il cellulare era spento. Per la sua famiglia, per i suoi amici, solo una cosa: l’importante è sapere che stia bene. Nel tardo pomeriggio, poi, la comunicazione ufficiale: Ugo s’è fatto sentire. Tornerà molto probabilmente presto a casa. Ed è per questo che mi accingo a pubblicare solo adesso queste righe. Solo dopo aver avuto il consenso dei suoi parenti più stretti.
Proprio oggi, tra l’altro, il fascicolo sul caso è confluito alla Procura di Lecce. L’ha in mano il pubblico ministero Guglielmo Cataldi.

Un altro aspetto appare evidente: nel posto in cui si trova, si è connesso al web. Forse proprio dal computer portatile che ha con sé, quando è uscito senza dare più notizia, usando la sua Alfa 147 di colore grigio metallizzato, sabato 20. O magari da un’altra postazione. Le risposte sono infinite, forse le darà lui, forse non le darà mai. E’ sempre e solo un suo diritto. Unica certezza, che i carabinieri già avevano, e di cui ho avuto conferma personale questa mattina: si trovava in Italia. Davanti alla prima cifra della sequenza che compone il suo numero, il +39 che attesta la presenza sul territorio nazionale. L’ulteriore riprova, in questi minuti. Si trova a Venezia ed è andato presso una stazione dei carabinieri a chiarire la sua posizione, esibendo la patente. Non dando, però, motivazioni.

Credo, e penso di non sbagliarmi, che Ugo possa aver deciso di farsi sentire, dopo aver letto un accorato appello di una delle sorelle, Selena. Si trova in un altro articolo di LeccePrima sul caso. Arriva dalla mail del marito, Angelo Faranda Cordella. Emozionante. “Fratellino mio, in cuor mio spero che il tuo sia un allontanamento volontario, anche se non c’è nulla che me lo faccia supporre, ma se è così ti prego di ritornare sui tuoi passi o quantomeno di contattarmi e dirmi che stai bene. Questa attesa ci sta distruggendo. Ricordati che insieme possiamo affrontare tutto, qualsiasi cosa. Pensa alle tue nipotine che ancora non sanno nulla. Ti voglio un mondo di bene”.

Ugo, leggendolo, avrà realizzato che era giunta l’ora di farsi sentire. Ed ecco perché i messaggi indirizzati al cognato ed al giornalista che sta illustrando, come le altre testate, gli avanzamenti nelle ricerche. Ha messo così al corrente nello stesso tempo la cerchia più ristretta di famigliari e soci del locale, ed il mondo esterno. Solo una cosa, Ugo, se leggerai mai questo mio articolo. Scusami se ho scritto “minghiate”. L’ho fatto solo per stima e amicizia, perché la tua famiglia era in ansia. Ora, torna a casa e abbraccia i tuoi cari.

4 commenti:

  1. sono veramente contenta!! chissà cosa lo ha spinto a fare una cosa del genere, l'importante è che stia bene

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  2. Bene! Più che altro perchè ha deciso di tranquillizzare i suoi, per quanto le motivazioni di una fuga possano rimanere esclusivamente sue a vita.
    Che sia un ritorno il più delicato possibile.

    Ciao dark0, e scusa l'assenza... :-)

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  3. "Tutto è bene quello che finisce bene" diceva il traduttore di Shakespeare :)

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  4. sono veramente contenta....anche se gli farei tremila domande (anche se so' che sarebbe "politicamente scorretto")..

    un abbraccio

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